Struttura classica, epilogo da bocca aperta: stiamo parlando di Epistole Sporche di Sangue di Eilan Moon, bookabook editore.


Quella di Jack lo Squartatore è una storia che ci è stata riproposta in tante salse. Ma così come la immagina Eilan Moon in Epistole sporche di sangue non l’avevamo mai sentita.

Abberline è un ispettore sull’orlo del traccollo, fisico e psicologico. A giocare a suo sfavore l’abilità di uno dei serial killer più efferati di tutta la storia del crimine: Jack lo Squartatore.  Logorato da una indagine estenuante, da una città che non collabora ma che sembra amare ed odiare questo carnefice, sembra arrivato al capolinea. O forse no? A risvegliare fantasmi passati, incubi vigili e l’onta del fallimento, un plico di lettere misteriose: forse uno scherzo, forse un gioco. Forse, invece, l’atroce verità.

Che sapore aveva la pioggia londinese a fine Ottocento? A seguire le pagine della brava Eilan Moon, il sapore era decisamente quello aspro e amaro del sangue. Sangue che sembra invadere le sue strade, insinuarsi tra le pietre del pavè, incrostarsi sui luoghi dei delitti compiuti dalla misteriosa mano di Jack lo Squartatore.

Sì, quella del serial killer più famoso al mondo è una storia più che abusata e che ci è già stata riproposta in qualsiasi salsa. L’idea in sé non sembra essere tra le più originali. Ma, come in ogni storia che si rispetti c’è un “ma”, altrimenti non ve ne consiglierei la lettura. E questo “ma” nasce proprio dalla penna, e dall’inventiva, della sua autrice.

Con uno stile che non abbuona nulla alla nostra immaginazione di lettori, che non ha paura di addentrarsi nelle pieghe (o piaghe) infette dell’animo umano, Eilan Moon intraprende una strada che ancora non si era vista. Almeno così come la leggiamo in Epistole sporche di sangue. Alla narrazione, quasi un flusso di coscienza, delle frustrazioni dell’ispettore Abberline, Moon affianca e alterna il racconto in prima persona racchiuso nelle lettere del presunto serial killer. Non una semplice narrazione dei fatti, ma il disvelamento, doloroso, tremendo, dell’altra faccia della medaglia, quella che brama vendetta e sangue, senza possibilità di placarsi. Jack lo Squartatore dialoga con il suo persecutore attraverso l’espediente narrativo dell’epistola e ciò che ne risulta non é solo un racconto di una mania, di una mente disturbata, di una vita difficile, ma anche il sussurro che forse, alla fine, nessuno di noi é veramente immune al male, al disagio, alla possibilità di trasformarsi, senza apparente ragione, in un mostro.

Così ci immergiamo in una lettura che ha il potere di attirarci nelle sue spire, che ci coinvolge in un ricerca che è sì, una indagine dalla struttura classica, ma che ha un risvolto psicologico e sottile in grado di farci sentire e provare ciò che lo steso Jack lo Squartatore sente. Alla fine, quando chiuderemo questo romanzo, ci troveremo soddisfatti per una bella lettura, ma anche inquieti, con una domanda che si affaccia sui nostri pensieri, che mette a dura prova la nostra sanità mentale: chi è davvero la persona che abbiamo accanto? E noi, di cosa siamo davvero capaci?