Ci sono storie che non hanno confini, di tempo, spazio e luogo. Oggi torniamo a sognare con Pierluigi Curcio e il suo Artorius.

Quando un personaggio diventa una “leggenda”? La risposta a questa domanda potrebbe essere lunga e tediosa e tirare in ballo teorie di semiotica, antropologia culturale e co. noiose e lunghe. Per noi comuni mortali, che leggiamo per il gusto di leggere, questa domanda può avere una risposta molto semplice: un personaggio diventa leggenda quando le sue gesta atrraversano i secoli e le culture e ancora fan parlare di sé. La storia di re Artù e le sue gesta è una di queste. E lo è ancora di più perché ci sono studiosi e archeologi che ancora ricercano e indagano su.questa leggenda che sembra essere un po’ più che una leggenda. E di teorie più o meno fondate se ne sono formulate tante. 

Artorius di Pierluigi Curcio è un romanzo che ha la forza, e la capacità, di oggettivare le ricerche e le scoperte storiche legate a quella che tutti conoscono come la leggenda di Re Artù. E grazie ad una prosa accattivante, un ritmo incalzante ed una attenzione ai dettagli, anche minimi, Artorius è un libro che mi ha davvero convinto.

Non vi racconterò la storia, per non svelarvi il piacere di una lettura che non ha nulla di scontato. Perché se pensate di trovare, nel libro di Curcio le solite gesta narrate dai cantari medioevali, allora avete sbagliato libro. Artorius, infatti, è un romanzo storico e, come tale, ha la forza di far rivivere tra le sue pagine, alcune delle teorie e delle scoperte più fondate, legate alla storicità della figura del leggendario condottiero britannico. Lo fa con scrupolo, attenendosi ad una ricostruzione dettagliata del periodo storico, dei suoi usi e dei suoi costumi. Termini, usanze, abbigliamento, comportamenti, nomi, techiche di addestramento, armi, pietanza: nulla è lasciato al caso, come nei migliori romanzi storici in cui ogni piccolo dettaglio ci aiuta a ricostruire un mondo, ad immaginarcelo ma, soprattutto, a farlo rivivere. La ricostruzione è precisa, raramente si distrae ed “esce dal seminato”. Quella di Curcio, per gli amanti della nostra storia antica, è davvero una bella passeggiata storica.

La teoria fa cui prende spunto il romanzo affonda le proprie radici nella storia di Roma e identifica la figura di Artù, con quella di Lucius Artorius Castus, condottiero (dux bellorum) che la tradizione vuole di origini partenopee, lo vede sepolto in Croazia e lo tramanda come il condottiero che guidò un esercito di Sarmati, in Britannia. Tante le tangenze con la leggenda, una tra tutte il vessillo con cui i guerrieri Sarmati conducevano le battaglie, ovvero una testa di drago (penn-drago). A caccia di rimandi, tra la tradizione e la storia, anche le sue stesse origini, che lo vedono figlio di una donna originaria di Avellino, città da sempre legata all’immaginario dell’acqua ed alla presenza di culti misterici e magici legati alla figura femminile, cosa che ci porterebbe alla leggendaria “Damma del Lago”.

Eppure, non immaginatevi un “mattone” storico/militaresco. Curcio ha la capacità di avvolgere la precisione storica alla suspence della narrazione, creando una trama fitta di colpi di scena, accadimenti e pathos. E il romanzo riesce a vivere senza nulla togliere alla ricostruzione storica: poche le deroghe, e le distrazioni che l’autore si concede: piuttosto riesce a creare un equilibrio perfetto tra le due anime del romanzo, che riesce ad integrare perfettamente la fiction alla ricostruzione senza rinunciare a nessuna delle due. 

Una lettura che, per gli amanti del genere, può riservare belle sorprese, senza nulla invidiare ad autori e romanzi che si trovano di consueto tra gli scaffali della libreria.

E si, perché dimenticavo di dirvi che Curcio è un selfpublisher…ma questa è un’altra storia.


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