Eris pubblica un pamphlet molto curioso e invitante, ovvero Contro l’Automobile di Andrea Coccia.
Abbiamo incontrato Andrea Coccia, autore del libro Contro l’Automobile, Eris Edizioni, e gli abbiamo fatto qualche domanda proprio su questo suo nuovo lavoro che sta già facendo molto parlare di sé. Perché si pone in modo estremo, è vero, ma permette una riflessione lucida e fondata sulla nostra dipendenza da questo mezzo che, dalla sua nascita, sta condizionando la nostra vita. Fino a quanto? Lo abbiamo chiesto a Coccia in questa breve intervista.
Da dove nasce l’esigenza di scrivere un pamphlet come Contro l’Automobile?
Da una parte dal fatto che non sopporto l’egoismo, di cui l’automobile è la perfetta incarnazione, dall’altra dall’urgenza della disintossicazione da un oggetto che ci ha reso suoi schiavi tanto da plasmare la nostra vita sulla sua esistenza, un’esistenza che tra l’altro diamo per scontata ed eterna, ma che rischia di finire bruscamente non appena il sistema che l’ha resa possibile — un mix di sovvenzioni statali senza senso e di strategia industriale insostenibile — crollerà.
Andrea, è possibile pensare, oggi, una vita davvero senza l’automobile?
Certo, immaginare le alternative è, ancor di più che possibile, necessario. Il pensiero precede l’azione e abbiamo bisogno di cominciare al più presto a immaginare come uscire da questa dipendenza tossica, da questo abbraccio mortale. Se invece mi chiedi se è possibile, oggi, vivere davvero senza auto la risposta è diversa e purtroppo è negativa. Ne siamo totalmente dipendenti, e negli ultimi 70 anni abbiamo costruito gran parte della nostra società a forma e a distanza di automobile. Ma come scrivo nel libro: «Ci sono tante cose che possiamo mettere in pratica da subito per smettere di guidare ma, paradossalmente, smettere fisicamente di guidare sarà solo l’ultima delle mosse, una di quelle che negli scacchi si preparano per tutta una partita e si rivelano solo in fondo».
Per Andrea Coccia, ci sarà un momento in cui, chi fa scelte controcorrente, verrà ascoltato e non etichettato?
C’è già stato, ma rischia di non esserci più. L’ideologia meritocratica nasconde esattamente questo: l’esclusione a priori di qualsiasi elemento che già non faccia parte del sistema. Per capirci, se all’epoca di Einstein avessero ragionato come chi pretende la dittatura del merito e quindi impone che le idee vengano valutate da una griglia interpretativa limitata a ciò che già esiste, la teoria della relatività l’avremmo letta al massimo in un romanzo di fantascienza. Poi, intendiamoci, non vuol dire che andare controcorrente sia di per sé una cosa positiva, è da idioti pensarlo: anche i terrapiattisti vanno controcorrente.
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