Se vi manca Harry Potter, se non avete ancora trovato il vostro fantasy estivo, avete pensato di cominciare a leggere Il Mago di Lev Grossman? Ecco qualche buon motivo per farlo.
Quante volte vi siete sentiti “fuori luogo”, a disagio, con la voglia di rintanarvi nel vostro mondo senza avere niente a che fare con “quelli lì” che non hanno capito niente di voi? Bhè, almeno una volta nella vita ciascuno di noi ha provato questa stranissima sensazione. Ma ora immaginate un giovane ragazzo di bell’aspetto che, a 17 anni, si ritrova a vivere ogni giorno questa condizione di disagio e di insofferenza. Perché è proprio questa la situazione in cui ritroviamo il giovane Quentin Coldwater all’inizio del primo libro di Il Mago – The Magicians, una delle serie fantastiche più lette, scritte da Lev Grossman.
E il giovane Quentin un rifugio ce l’ha. Si chiama Fillory ed è un luogo di magia, e di fantasia, inventato dalla penna dell’autore Christopher Plover e dalla serie di cinque romanzi. Il problema è che, dopo tutto, questa Fillory potrebbe anche non essere del tutto immaginaria. E Quentin lo scoprirà molto presto, ovvero quando la scuola di Brakebills, accademia di magia, lo accetterà al suo interno. Ma, come dicevano le antiche favole, ogni grande magia ha un grande prezzo e Quentin, e i suoi amici, saranno destinati a scoprirlo presto.
E tra un disvelamento e una lezione di magia, mentre seguiamo il personaggio in un chiaro percorso di agnizione delle proprie capacità e di formazione come uomo – e come adulto, scopriamo anche di ritrovarci davanti ad un piacevole romanzo dove, la leggerezza della narrazione è controbilanciata da un lato oscuro, quasi un velo di nebbia, che avvolge molta parte del racconto, dalla trama ai personaggi.
Perché se in Harry Potter la “magia” è, quasi sempre, un dono che acquisisce una accezione positiva in base a come, e chi, la utilizza, per Grossman è un potere indistinto, che male si domina e che può causare discreti danni anche se le intenzioni sono le migliori. Il mondo magico di Grossman è popolato da divinità beffarde, dal un destino altrettanto ironico e dal quella cattiveria che contraddistingue anche il nostro mondo reale, fatta di sotterfugi, bugie, mezze verità.
Ed ecco perché Il mago, perfetta incarnazione di un romanzo leggero, di una trama ricca di avvenimenti e di un plot originale, quasi da meta-libro, si rivela essere un lavoro perturbante, che si fa specchio della nostra contemporaneità: uno specchio in cui ritrovarsi, oppure da varcare per perdersi, magari in Fillory.