Per Incipit32, Mariana la scelto Zorba il Greco di Nikos Kazantzakis – Crocetti edizioni
Nuova puntata di Incipit32 e questa volta ci diamo alla rilettura di un grande romanzo. Stiamo parlando di Zorba il Greco di Nikos Kazantzakis, ritradotto e recuperato in tutta la sua poesia dura e cruda dalla casa editrice Crocetti. Così la nostra libraia Mariana, non se l’è fatto ripetere due volte e ha “rubato” dagli scaffali del Covo della Ladra una copia per leggerne l’incipit insieme a noi.
Romanzo di vita e di poesia, in cui la terra si intreccia la mare come la vita del protagonista, Zorba, si intreccia allo spirito di sopravvivenza dello stesso, è il nostro libri da rileggere senza nessun dubbio.
E, allora, mettetevi comodi, fate play e riempite il carrello!
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La recensione della Ladra
C’è chi associa il nome di Zorba il Greco a quello di Anthony Quinn, alla pellicola in bianco e nero diretta da Michael Cacoyannis e che nel 1965 venne proiettato nei cinema italiani. Ma Zorba è prima di tutto un grande romanzo che, come spesso accade per questo tipo di storie, ha la capacità di racchiudere la vita tutta. Con una precisazione: la vita non è quella del protagonista, ma è la nostra.
Spesso mi capita di sentire voci che classificano alcuni romanzi, tra cui Zorba, come romanzi di formazione. Ma la prima domanda che mi sorge spontanea è: ma chi sta formando questo romanzo?
Ma facciamo un passo indietro.
La trama
Zorba il Greco di Nikos Kazantzakis è la storia di una amicizia, quella tra il narratore, che si ritrova su un piroscafo diretto a rilevare una qualche miniera di cui è diventato proprietario in seguito a una eredità, e il sessantenne Alexis Zorba. I due si conoscono sul piroscafo diretto a Creta e, da quel momento, diventano dei veri e propri compagni di avventura. Con loro, sullo sfondo di un’isola arcaica e più che mai connessa al mare e alle sue leggi, la vita di un intero microcosmo che l’arrivo di Zorba, in parte, sarà destinato a scompaginare.
La recensione
La forza di questo romanzo è proprio tutta qui: nel suo protagonista. Un uomo che ha fatto delle sovrastrutture della società in cui vive un fardello da gettarsi alle spalle; che non si è mai posto il problema dell’altro come di qualcuno che potesse “giudicare” il proprio operato; che ha messo al primo posto il suo “essere” e il suo sentirsi “pieno di essenza”, invece di accontentarsi di un mucchio di ombre proiettate sul fondo di una caverna, di platonica memoria. Come un epicureo, Zorba sembra essere nato per affermare che tutto ciò che esiste, esiste proprio perché percepito, provato e sperimentato sul proprio corpo. La sua energia vitale sembra infinita se paragonata all’esistenza platonica, metafisica del suo compagno di ventura, il narratore di questa storia. Ed è proprio in questa dicotomia che si nasconde la risposta alla mia domanda inziale: chi sta formando questo romanzo?
Lasciate perdere i diversi personaggi che si affacciano tra le pagine di questo libro. Lasciate perdere anche l’io narrante. Zorba sta parlando proprio a noi lettori e lo fa obbligandoci a prendere una decisione e a porci ancora una volta la domanda più scomoda di tutte: a cosa teniamo veramente? Per cosa sacrificheremmo la nostra libertà?