Il mitico Dantès ha recensito per il Covo un nuovo romanzo edito da NNEditore: “La radice del male” di Adam Rapp.
Mezzo secolo abbondante di una famiglia americana, in mezzo a sogni e ad episodi violenti che hanno in qualche modo segnato la storia americana. Il bello è vedere questo parallelo tra aspirazioni di questa famiglia e disillusioni causate soprattutto dal contesto. Nel corso della narrazione è poi possibile osservare come in certi frangenti esista lo spirito di voler continuare “malgrado tutto”, mentre in altre occasioni si riscontra invece una certa rassegnazione di fronte agli eventi.
Va rilevato certamente il modo in cui Rapp descrive le singole psicologie di questi personaggi, illustrando la storia per brevi monografie. Non si tratta, quindi, di figure tagliate con l’accetta. Non ci sono #tutti_buoni o #tutti_cattivi. Partendo dagli anni cinquanta del secolo scorso, ogni capitolo procede focalizzando man mano l’evoluzione di ciascuno dei singoli membri di questa grande famiglia, mettendo in rilievo come il #Male si possa essere insinuato in loro e come loro stessi si siano regolati di conseguenza. Forse, a un certo punto potresti fare il #tifo per uno o due di loro, anche se non si può parlare di una vera e propria empatia.
In alcuni passaggi la trama ti schiaffeggia: si presenta con tutta la sua violenza, a volte pure ad un livello inaudito… Di fronte a questo ci sarebbe di che scappare a gambe levate, mentre invece tutto il #torbido che viene raccontato ti avvinghia in maniera irreversibile. Questo “venire catturati” dal plot non è tanto dovuto a uno stile furbo, quanto a un’indagine sull’animo umano elaborata accuratamente da Rapp. Il quale Rapp, tra l’altro, si impegna a costruire un impianto che offre più di un piano di lettura. Un indizio di questo potrebbe essere rappresentato, all’interno delle pagine, dalla citazione a volte tenue, a volte più marcata del libro “Il giovane Holden” che sembra essere un filo (scegliete voi il colore) che non solo colleghi buona parte degli episodi descritti ma che si possa ricondurre ad alcuni risvolti della trama.
Leggerlo come romanzo oppure leggerlo come sceneggiatura – la disposizione dei capitoli e la prosa utilizzata dall’autore potrebbero anche ricordarne la struttura di un film – non cambia. Lo apprezzerete comunque.

La trama
Elmira, New York, estate 1951. Myra Larkin, tredici anni, dopo la messa accetta un passaggio da un ragazzo affascinante che dice di essere Mickey Mantle, la giovane promessa degli Yankees. Quella notte, i vicini di casa di Myra vengono brutalmente assassinati, e i sospetti ricadono su uno sconosciuto molto simile al suo nuovo amico. È il primo di una serie di episodi di cronaca nera che incrociano la vita dei Larkin, mentre ognuno di loro insegue a suo modo il sogno americano. Myra, che cresce da sola il figlio Ronan dopo che il marito ha avuto una crisi psicotica, è l’unica a tenere i contatti con la famiglia: con Lexy, donna in carriera, e Fiona, eterna ribelle e attrice mancata a Broadway; e con Alec, ombroso e sfuggente, tormentato dai fantasmi di un’infanzia segnata dagli abusi e dall’indifferenza della madre, la cattolicissima Ava. E quando proprio Ava inizia a ricevere inquietanti cartoline anonime, presagio di eventi terribili, soltanto Myra, con l’aiuto del figlio, avrà la forza di affrontare quel male oscuro che sta inghiottendo la sua famiglia. “La radice del male” racconta un’America dove la quotidianità è intrisa di violenza, e la casa è insieme rifugio e pericolo. Adam Rapp indaga le piccole crepe che segnano il destino di una famiglia perbene; solchi che possono diventare abissi o aprirsi alla luce, se si trova il coraggio di chiedere aiuto.
