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Tsundoku: cosa significa e perché accumuliamo libri che non leggiamo

DiCovo della Ladra

Apr 24, 2025

Ne parlano sui social e a me è venuta la voglia di capire veramente che cos’è lo tsundoku e perché accumuliamo libri che non leggiamo!

Se hai scorso o post Instagram degli ultimi giorni, ti sarai imbattuto in una parola nuova, quella di tsundoku. E visto che sono una persona curiosa, non mi sono fermata a quei post. Sono incappata in un librino assai carino, scritto da Taiki Raito Pym e pubblicata in Italia da Giunti a gennaio: “Tsundoku. L’arte giapponese di accumulare libri“.
E ho scoperto che…

Cos’è lo Tsundoku?

Tsundoku è un termine giapponese che unisce le parole 積んで, tsunde (accumulare), おく, oku (mettere da parte) e 読書, doku (leggere). Insieme, danno vita a un concetto molto profondo: l’abitudine – o forse l’arte – di acquistare libri e non leggerli mai (o quanto meno non subito). Ma ridurre Tsundoku a semplice accumulo è un errore: è una forma di tensione culturale, intellettuale e persino esistenziale.

Perché accumuliamo libri che non leggiamo (subito)

Umberto Eco lo aveva già scritto e noi lettori ne siamo consapevoli: “Chi non legge, a settanta anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto cinquemila anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’Infinito. Perché la lettura è un’immortalità all’indietro.

Penso che la tensione intellettuale racchiusa in questo breve termine giapponese oggettivi proprio il concetto espresso da Eco in questa sua frase.
Non si tratta semplicemente di disordine o procrastinazione. Tsundoku è una forma di tensione interiore tra desiderio e realizzazione, tra aspirazione intellettuale e realtà quotidiana. È l’eco di una promessa fatta a se stessi – “Lo leggerò, un giorno” – che rimane sospesa, come una nota trattenuta.
Ogni libro non letto diventa così un frammento di identità potenziale: rappresenta ciò che vorremmo sapere, chi vorremmo diventare. E, aggiungo, che forse diventeremo quando il tempo per quello specifico libro acquistato arriverà.

Tsundoku e l’arte della pazienza

In una società ossessionata dalla produttività, Tsundoku è un atto quasi sovversivo. È il riconoscimento tacito che il sapere non si consuma solo attraverso l’uso, ma anche attraverso la presenza, e la pazienza. Ed è la consapevolezza che le scelte non devono essere fatte sempre in base all’utilità di ciò che stiamo acquistando, ma in base all’importanza che esse possono ricoprire nella nostra vita.
La semplice convivenza con i libri genera un paesaggio mentale in cui il sapere aleggia, si sedimenta lentamente. L’acquisto stesso è un gesto di fiducia nel futuro, nella possibilità di avere tempo, calma, profondità.

E mi sono chiesta: cosa accadrebbe se, invece, dei libri, acquistassi anche altro con lo stesso principio di “arricchimento esistenziale”? Forse anche uno spremiagrumi assumerebbe un valore più ampio che quello di essere solo un oggetto (che magari acquisto in diversi modelli perché mi dimentico di averlo già in casa!)

Il fascino “decadente” dei libri non letti

Non tutto è rose e fiori. Lo Tsundoku porta con sé una lieve inquietudine. Quando compriamo un libro, ci stiamo implicitamente dicendo che non sapremo se effettivamente riusciremo mai a leggerlo.
Diventa allora una sorta di memento della nostra finitezza, della sproporzione tra ciò che desideriamo apprendere e ciò che davvero potremo abbracciare. In questo, il Tsundoku non è tanto un vizio quanto una forma di malinconia moderna: quella di chi, pur affamato di senso, continua a rimandare il momento dell’incontro.

In poche parole, ho scoperto di essere una cultrice dello Tsundoku da una vita. Non perché abbia rinunciato alla lettura, o perché abbia deciso di comprare libri a caso (riempiendo il poco spazio che mi rimane a casa). Quando guardo il loro dorso mi accorgo di amarli anche e solo per il desiderio, la possibilità, il dialogo silenzioso che posso instaurare con queste presenze silenziose: mi aiuta a capire chi sono e chi potrei essere. Così, il non riuscire a leggerli, l’averli comprati senza sapere il vero motivo per cui ho fatto questa scelta non mi angoscia più (e comunque non lo faceva neppure prima!).
Tutti i miei libri sono i mattoni invisibili della mia identità futura.

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