Se vuoi conoscere il vero volto del male, devi immergerti in esso. Piergiorgio Pulixi ci racconta come ne “La scelta del buio” Edizioni e/o.
La scelta del buio di Piergiorgio Pulixi è il secondo canto di quella che è stata chiamata “I Canti del Male”, la serie poliziesca, dalle forti tinte noir che ha come protagonista Vito Strega, commissario solitario e caparbio, creato proprio dalla penna di Pulixi.
La scelta del buio esce in libreria nel settembre del 2017, dopo che il primo canto della serie, Il Canto degli Innocenti, fa parlare di sé grazie alle numerose segnalazioni e premi vinti. E così anche la vostra ladra è caduta nelle spire di questo autore tanto giovane, quanto bravo e mi sono ritrovata a divorare, nel vero senso della parola, le pagine di questo giallo dall’anima nera, nerissima.
Vito Strega è un commissario di polizia dall’esistenza non priva di problemi, a partire da quelli che ha sul lavoro. Additato dai colleghi come “assassino di poliziotti”, tutti credono che abbia ucciso il suo collega, l’ispettore Jacopo di Giulio, nonostante sia stato reintegrato proprio dalla commissione disciplinare che aveva indagato sull’accaduto. Vito Strega, così, si trova ben presto a giocare il ruolo del reietto, dell’intoccabile e del maledetto. E forse proprio in virtù di questo suo ruolo “dannato”, gli viene affidato un caso spinoso, quanto anomalo: indagare sul suicidio di un suo collega, l’ispettore della Omicidi Larocca. Un avvenimento che scuote gli animi dei suoi colleghi e persino il suo, che conosceva la vittima e che non chiede di meglio che un bel caso per impegnate mente e corpo, e allontanare i suoi fantasmi.
Comincia così l’indagine fil rouge di La scelta del buio, un’indagine che il commissario si ritroverà a svolgere da solo, tra le voci dei personaggi che animano una trama impeccabile, una indagine giallissima, ma con un’anima nera come il buio.
Perché se c’è una cosa che impariamo da questo romanzo è che nulla è ciò che sembra e che, anzi, può essere ancora più spaventoso di quanto lo abbiamo immaginato.
Così il commissario Strega, caparbio e senza mezzi termini, si ritrova ad indagare sulla morte di un altro collega e anche se le circostanze sembrano condurre tutte ad una sola conclusione, sarà solo grazie alla sua ostinazione, che il quadro, quello vero, quello profondo, prenderà forma e sostanza. E non sarà un quadro facile da digerire neppure per uno come Strega, che vive su quel confine pericoloso tra bene e male, tra giustizia e vendetta, che il più delle volte fa la differenza tra buoni e cattivi.
Ma non in storie come queste. Non nei romanzi di Pulixi.
Con Strega, Pulixi ci racconta proprio di quel confine invalicabile sulla quale tutti noi camminiamo ogni giorno. Ogni giorno siamo chiamati a stare “dalla parte giusta”, dalla parte dei “buoni” e spesso solo il buon senso, la morale, l’etica o i principi (chiamateli come volete) ci riportano all’ordine, ci fanno stare al nostro posto, ci impediscono di valicare quella linea sottile e quel confine che distingue il bene dal male. Ma l’animo di Strega ci insegna anche che il desiderio di giustizia, alle volte, è più forte del buon senso e cede alle lusinghe del “male a fine di bene”, della strada sbagliata perseguita nel nome di un valore più alto e più forte.
Forse Strega potrebbe essere meno filosofo, ma alla fine è pur sempre un commissario che come compagna di vita ha una gatta e il suo inseparabile jazz, ama la solitudine e, come un moderno eroe, va incontro da solo al proprio destino, nel bene e nel male e, come Oreste, ci fa vedere il buco nel nostro cielo di carta.