PorNuo District, sabato prima dell’alba
I lembi dei mantelli svolazzano provocando un inquietante sussurro, mentre la città, ai loro piedi, appare inferma, paralizzata, murata. La Congrega della Teppa, riunita sul tetto di un palazzo in località segreta ovvero sulla Torre dell’UniCredit in Garibaldi, o Isola, o Porta Nuova/PorNuo District, assiste, ammutolita. Se non è opera del Divino, se non è un accadimento sovrannaturale, quello che sta succedendo dimostra che, tra le forze in campo, deve esserci qualcuno che possiede una potenza inaudita, col quale il confronto è impensabile.
«Se non aprivano i varchi, non avremmo potuto riunirci.»
«Il mio contatto in Regione dice che potrebbe essere una rappresaglia russa…»
«Fratello Balabiott, licenzia il tuo contatto.»
«Da noi, in Comune, non sappiamo che pesci pigliare…»
«Fratelli… calma. L’unico autentico problema è che non sappiamo chi abbia combinato tutto questo. Sicuramente sarebbe un avversario temibile, ma non sapendo chi sia, non sappiamo nemmeno se considerarlo un nemico.»
«Una volta ho trovato uno a letto con mia moglie. Quello mi ha chiesto scusa, mentre si rivestiva, e io gli ho risposto: si vede che non conosci bene mia moglie, perché io ti ringrazio.»
«Che vuol dire, Trani?»
«Vuol dire che comunque ero cornuto. Chi ha fatto questo, anche se avesse una comunanza d’intenti con noi, che non rilevo, sarebbe in ogni caso uno scomodo alleato, troppo potente per essere contraddetto.»
«Hai ragione, Trani… ma… è vera la storiella su tua moglie?»
«Ah, sulla moglie ha ragione, ma non ci ha mai beccati…» borbotta il Busecca.
Mentre il sole si leva, la Torre proietta la propria ombra sulla città, e a quella silhouette si aggiungono due figuri in tunica, Michetta e Trani. Trani solleva un braccio e gioca a far afferrare alla propria ombra il Cimitero Monumentale. Michetta sbuffa. «Bezos ha inviato a Milano 200.000 droni per le consegne. Sono arrivati stanotte.»
Trani con le mani crea un’ombra cinese a forma di tirannosauro, e le fa divorare Chinatown, quello che una volta era il ghetto cinese e oggi è una splendida passeggiata attorno a una ravioleria e un’enoteca. Il dinosauro si muove vorace, scavalcando i muri agilmente: «Da lunedì i lavoratori tornano tutti in smart working. Quel che abbiamo imparato dalla pandemia dà i suoi frutti…».
«Non tutti i mali… in fin dei conti, pure questi mattoni…»
«Già. La ‘ndrangheta ci andrà a nozze. Gramellini potrà fare un sacco di editoriali. Il Comune li userà come scusa per ogni disservizio. Insomma, qualcuno ci guadagna sempre, no? Uh, sta arrivando la colazione…»
Il drone atterra alla posizione data tramite Google, lasciando una scatola contenente caffè e brioche. Michetta brontola: «Avevo ordinato il mokaccino, non questa roba qui!».
Ma il drone non aspetta la mancia, e sta già tornando al bar.
ANo District, sabato mattina
Jonathan Thoughts richiude lo zaino e se lo mette in spalla, mentre passa uno stecco di liquirizia da un lato all’altro della bocca. Denali lo osserva e si rende conto che non ne capisce l’età, sembra giovane e vecchio, né la statura, sembra altissimo e basso, né il peso, sembra leggero e massiccio. Si rende conto che Jonathan Thoughts non è reale, non può esserlo, non è allucinato, è un’allucinazione, Jonathan Thoughts è uscito dai fumetti, Jonathan Thoughts è l’unica speranza a cui appigliarsi. Forse per questo è irreale.
«Ce la fai col bambino?»
«Questo marsupio è un’eccellenza per gli esperti del portare, l’ho preso alla Bottega delle Bef…»
«L’importante è che tu ti senta a tuo agio. A Dakar ho accompagnato un gruppo di donne coi bambini fasciati addosso, anche più di uno, e si muovevano meglio di me. Che personaggio, Dakar… Va bene, senti, ora scendiamo e studiamo la situazione. I segnali di fumo dicono che stanno aprendo diversi varchi, e che addirittura alcune auto stanno riuscendo a uscire dalla città.»
«I segnali di fumo?»
«I segnali di fumo. Quelli.»
Jonathan Thoughts indica alcune colonne di fumo, sbuffanti da un paio di angoli dell’orizzonte: «Molto più riservati, e permettimi, affascinanti, di qualsiasi chat su Whatsapp».
«Riservati?»
«Be’, quel che passa in rete appartiene ai suoi signori. Una setta che possiede ogni tuo dato, inclusa la posizione. Quel che sale in cielo, appartiene a Dio. E colleghi. Andiamo?»
Jonathan Thoughts fronteggia il muro. Sta lì, a gambe divaricate, come un cowboy in un duello. Lo fissa, quasi volesse bucarlo con lo sguardo. Allunga una mano, poggia il palmo sulla terracotta. Ascolta. Denali pensa possa essere questa l’occasione giusta per fuggire e far da sola, far seriamente. Eppure quel tipo, un po’ Pippo e un po’ pirla, ha qualcosa che infonde fiducia. Un’improbabile affidabilità. Ora Denali, infatti, pensa che il muro si aprirà come un sipario, si sgretolerà, farà qualcosa di incredibile e li lascerà passare. C’è tempo, per questo.
«Stanno aprendo una breccia una cinquantina di metri più in là: andiamo!» la informa con entusiasmo Jonathan Thoughts.
In effetti il NUIR, Nucleo intervento rapido del Comune di Milano, sta lavorando sodo. Supportato e sostenuto da schiere di cittadini volontari con picconi e mazzette, attorniati da frotte di pensionati e umarell che, braccia dietro la schiena, li osservano e commentano il lavoro, ce la mettono tutta ad abbattere le barriere. A volte con frustrazione, perché tirano giù pareti che in men che non si dica risorgono insistentemente, da cui il rielaborato proverbio “testardo come un muro”. A volte con soddisfazione. A volte con malizia, come il tipo che ne ha approfittato per abbattere il muro delle Poste, o quell’altro che è sbucato in un centro massaggi orientale. Comunque, il NUIR abbatte e non s’abbatte. Diversa è la situazione per tutti i manovali assunti nelle migliaia, forse decine di migliaia, di imprese edili meneghine: l’ordine è di non muovere attrezzo se prima il Comune non riconosce un compenso, che sia pure uno sgravio fiscale.
La popolazione è bloccata, ma non si ferma. Il social sfoggia foto e video di muri e altri fenomeni, il Popolo dei Balconi reintona il suo inutile carme, Amazon registra un picco nella vendita di tapis roulant, ci si chiede ovunque quanto durerà questa situazione e i tiktoker dicono che ne usciremo migliori.
La chiesa dell’Annunciazione è tutta in mattoni rossi e si confonde in un affresco murario arancione dal quale emerge un Cristo Risorto che dà l’idea di non volersi fermare a lungo. Denali accarezza Ettore sulla testolina, mentre segue Jonathan Thoughts, che di fronte al nuovo muro si rivolge direttamente all’effigie di Gesù: «Ehi, socio, per favore, fai tu?».
Nel muro si apre una breccia, e Thoughts commenta, divertito dall’espressione stupefatta di Denali: «Non lo conosci? È sempre stato un ragazzo disponibile, basta essere gentili…».
Denali avverte uno sconvolgimento fisico, lo spaesamento assoluto di quando si assiste a qualcosa di impossibile che però, tant’è, avviene. Una volta aveva visto un fantasma, ad esempio, un edicolante alcolizzato morto le aveva attraversato la strada davanti, e ormai erano mesi che tutti sapevano che era morto, e che l’edicola aveva chiuso perché era morto. Ma la spiegazione, all’epoca, era semplicemente che le parole l’avevano sepolto prima della cirrosi, era stato ricoverato, in parte recuperato, ma l’edicola era fallita. Non aveva mai visto qualcuno pregare, peraltro senza ritualità particolari, e venire esaudito all’istante. D’altronde, non aveva mai assistito nemmeno al fenomeno dei muri che crescono come funghi. Ma Ettore sta bene e ridacchia e, che sia grazia ricevuta o follia, Denali decide che va bene così.
Su viale Enrico Fermi una mastodontica coda di automobili occupa tutte le corsie in uscita da Milano, procedendo lentamente e quasi mai fermandosi. Alcune ambulanze stanno lasciando il pronto soccorso del Niguarda, con l’idea di riuscire a raggiungere altri quartieri e istituire delle sorte di ambulatori mobili.
Jonathan Thoughts, per prima cosa dopo aver individuato e raggiunto piano e reparto, si avventa sulla macchinetta della bevande e prende un caffè con il cioccolato. Denali ed Ettore si lanciano verso la stanza dov’è ricoverato, da neanche un’ora, Marco: «Come fate a essere già qui?».
Denali si rende conto che non sono trascorse nemmeno tre ore dall’assunzione in cielo di Marco: «Ci ha accompagnati…» e, roteando il dito puntato alla tempia, ammicca al sopraggiungente Jon Thoughts.
«Non deve essere tanto citrullo, se vi ha portati qua!»
«No, anzi. Parla coi muri, con Dio, compie miracoli, mastica liquirizia ed è molto attento e cordiale. Temo mi paia pazzo proprio per queste ultime caratteristiche…»
Marco ride, poi si rivolge a Thoughts: «Grazie, per averli condotti qui!».
«Non c’è di che, anzi… Che ha fatto, quel tipo lì?»
Nella stanza di Marco, Denali lo nota solo ora, c’è un altro degente. Dorme profondamente, ha delle flebo attaccate e una vistosissima bendatura sul cranio. Sul comodino, dei fiori stanchi e la foto di una famiglia felice.
«Mah, non ho capito benissimo, poi chiedo meglio» dice Marco. «Credo che sia un dipendente del Comune che, durante un sopralluogo in cantiere, è stato colpito alla testa da qualcosa, forse un mattone… ma sai, ora diamo la colpa ai mattoni di tutto… e se c’è un incidente li guardiamo col sospetto che questo sia premeditato, e i mattoni diventano anche assassini.»
«Be’, tu sei stato aggredito da una parete di mattoni, Marco!»
«Dài, Den, semplicemente un muro pericolante di mattoni spontanei mi è crollato addosso. Non credo volessero uccidermi.»
«Vatti a fidare. Sono matti questi mattoni.»
«Buona questa, ragazza! Amici, ascoltatemi: io debbo andare, il dovere mi richiama. Qui siete al sicuro, e… facciamo così.»
Jon comincia a rimestare nello zaino, finché non estrae un razzo di segnalazione: «Vi lascio alcune carte. In caso la situazione peggiorasse e io non dovessi tornare, vai sul tetto dell’ospedale e lancia questo razzo, per favore. Se io non potrò venire, comunque quelli dell’Osservatorio verranno a recuperare il mio diario e altre informazioni utili che ho raccolto. Ti va?»
Denali guarda il razzo, guarda Jonathan Thoughts, guarda le finestre, l’uomo con la testa fasciata, Marco, Ettore. Sorride. «Come potrei dirti di no? Però… salirò con le scale!»
Jonathan si esibisce in un inchino e si allontana a grandi passi lungo il corridoio e giù per le scale. Marco abbraccia Denali ed Ettore.
Sono quasi le due.
PorNuo District
«Uè, Michetta, ma sei stato qui tutto il giorno?» chiede Fratello Trani emergendo sul tetto della Torre di Unicredit.
«Lascia perdere! Alùra, che si dice?»
Trani è distratto, il sole ha scavalcato la torre e dunque gli permette di proiettare ombre cinesi su una nuova parte della città. E mentre contorce le mani per produrre il piccione gigante che oscura con le proprie ali il Quartiere Arcobaleno, osserva la città che avrebbe voluto fortificare. Nugoli di droni che si avvicendano in migliaia di consegne, muri che compaiono, scompaiono, resistono, s’abbattono, colonne di fumo, rumor di cantiere, odor di kebab.
«Ma… Michetta! Cos’hai fatto?»
«Ho ordinato un kebab, che il poké l’è una roba complicata…»
«Sant’Ambroeus, perdonalo, perché non sa quel che fa.»
«Alùra?»
«Alùra… nessuno sa niente, senonché pare che il Governo abbia inviato un qualche ispettore di qualche sezione speciale per studiare il fenomeno, il Vaticano non si è pronunciato ma ti dico che sicuramente ha già qualche tonaca nascosta in giro, e gli scienziati non spiegano nulla. I muri ci sono, nessuno sa perché, nessuno sa percome, ma tant’è.»
«La Loggia del Terùn?»
«Michetta, quelli sono inoffensivi, è una trovata per ridere e organizzare le serate polenta e ‘nduja!»
«Non mi fido.»
«Stai mangiando un kebab.»
«Sì, ma mi han detto che la carne è tedesca…»
Rainbow District, toilette del Mono Bar
Dall’altra parte del muro sorto nella toilette del Mono Bar giungono altri rumori, e tutti gli avventori, stremati dal lungo, retorico, prolisso monologo di Ray Lights si accalcano a rimirare il prodigio.
All’improvviso il muro nella toilette produce uno schiocco secco e, come le porte scorrevoli della metropolitana, si apre, mostrando un tipo alto e basso, giovane e vecchio, che sorride a chi lo attende: «Salve a tutti, non allarmatevi! Sono un agente dello Stato… oddio, così forse vi preoccupate… Niente: mi chiamo Jonathan Thoughts e vi invito tutti a lasciare il locale e ad allontanarvi da quell’uomo!».
Il dito di Thoughts indica Ray Lights.
Il viso di Lights si corruga in una maschera demoniaca: «Maledetto!».
«Ray! Non puoi approfittarne sempre!»
Un gentil signore, facente parte del pubblico cosciente della pubblica orazione, si permette: «Mi scusi, ma lei si sta rivolgendo a Ray Lights, una indiscussa autorità nell’ambito de…».
«Ray Lights è un’entità malevola, esperta nello stendere il filo spinato là dove gli uomini abbattono i muri!» lo interrompe serio Jonathan. «Scommetto che ha ciarlato in inglese anche stavolta, vero?»
«Ma è la sua lingua…»
«La sua lingua è biforcuta! Ray Lights, ti dichiaro…»
Un rumore sinistro comincia a emergere dalla toilette. Non un semplice water otturato… qualcosa di più… clamoroso. Jonathan lo sente, ruota su se stesso, va a controllare e torna indietro di gran corsa: «Fuori tutti! Fuori! Fuoriiiiii!»
L’eruzione di mattoni sconvolge gli avventori del Mono e i passanti. L’aperitivo è inviso, a quanto pare, ai mattoni. Nessuno si fa male, solo un tumultuoso spavento, durante il quale Ray Lights scompare. Jonathan Thoughts sussurra: «Spero di non vederlo più, quel rettile… invece lei…».
Passa la liquirizia da un lato all’altro della bocca e, tra i curiosi sopraggiunti a vedere quel vulcano di mattoni, Jonathan individua una turista orientale, le si avvicina e dice: «Ehi, io ho conosciuto il suo bisnonno!».
«Sorry?»
«Ho conosciuto il suo bisnonno! Lei non è la nipote di Ho Chi Minh?». La turista lo guarda perplessa e lui ripete in inglese: «Are you Ho Chi Minh’s great granddaughter?»
«Yes. I’m looking for the wall with the plate, the house where my grandfather lived in Milan.»
«Oh, I see… It’s not in Porta Venezia, it’s in Porta Nuova!»
«Oops… It’s the wrong door!»
«It’s always the wrong door, if you keep it closed.»
Teresio Dei cerca la via di casa, ma trova soltanto muri intorno a sé, l’invasione è peggiorata. Tenta una strada, poi un’altra, niente. Il rito festoso dell’aperitivo si tramuta in una escalation d’euforia incontrollata, gli spritz paiono le lanterne del popolo che insegue il mostro di Frankenstein. Come in quell’occasione, però, il mostro è il popolo della metropoli, e oltretutto qua non c’è nessun mostro da braccare. Ray Lights vaga felice in questa bolgia, un ghigno estasiato. Teresio Dei attraversa tutto con distratta rassegnazione, ha già i suoi guai a cui badare, i mattoni son soltanto una contingenza, come la pioggia. E anzi, quando non ne può più del caos e della fatica, intravede l’ingresso del cinema Arcobaleno e vi si imbuca, ambendo alla tranquillità solitaria di una poltrona in ultima fila.
Lì, nel buio della sala, l’universo ritrova il proprio equilibrio. Teresio è avvinto dal film finché, sul più bello, non gli squilla il telefono che nella confusione aveva dimenticato di silenziare.
Guarda la lettura della Ladra