LIBRERIA DEL GIALLO E DEL FANTASTICO
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Il fuoco che ti porti dentro

18,00
"Il fuoco che ti porti dentro" racconta la vita e la morte di Angela, una donna dal carattere impossibile. Una donna che incarna in maniera emblematica tutti gli orrori dell'Italia, nessuno escluso: «il qualunquismo, il razzismo, il classismo, l'egoismo, l'opportunismo, il trasformismo, la mezza cultura peggiore dell'ignoranza, il rancore...» Questa donna era la madre dell'autore. Il romanzo è un'indagine nella vita, nelle passioni e negli odi di una donna, alla ricerca di una spiegazione possibile. La forma è quella della commedia, il contenuto quello della tragedia. Quale esperienza manifesta o occulta, quale frustrazione, quale nascosta ferita può renderci tanto ostili, rabbiosi, refrattari a qualsiasi forma di pacificazione? Quale motivo, semplice o complesso, sta dietro la furia di Angela: la guerra che la segna da bambina? un padre morto troppo presto o una madre morta troppo tardi che le ha, a sua volta, infelicitato la giovinezza e la maturità? un atavico complesso d'inferiorità o l'appartenenza alla cultura del Meridione oppresso le cui ragioni Angela vorrebbe far valere contro l'odiato Nord usurpatore? Oppure, più semplicemente, il fuoco interno che la divora è privo di qualsiasi ragione come il cuore nascosto di un vulcano? Antonio Franchini, con maestria e misura, eccesso e discrezione, ha scritto un romanzo-memoir popolato di personaggi che circondano una protagonista sempre al centro della scena. Un'eroina eccessiva e imprevedibile, capace di alternare toni drammatici e ossessivi a momenti decisamente comici. È un racconto che mescola la commedia eduardiana al furore ctonio, l'urgenza di uno sfogo viscerale alle cadenze studiate di una messa in scena, di una vera e propria recita.
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18,00
"Il fuoco che ti porti dentro" racconta la vita e la morte di Angela, una donna dal carattere impossibile. Una donna che incarna in maniera emblematica tutti gli orrori dell'Italia, nessuno escluso: «il qualunquismo, il razzismo, il classismo, l'egoismo, l'opportunismo, il trasformismo, la mezza cultura peggiore dell'ignoranza, il rancore...» Questa donna era la madre dell'autore. Il romanzo è un'indagine nella vita, nelle passioni e negli odi di una donna, alla ricerca di una spiegazione possibile. La forma è quella della commedia, il contenuto quello della tragedia. Quale esperienza manifesta o occulta, quale frustrazione, quale nascosta ferita può renderci tanto ostili, rabbiosi, refrattari a qualsiasi forma di pacificazione? Quale motivo, semplice o complesso, sta dietro la furia di Angela: la guerra che la segna da bambina? un padre morto troppo presto o una madre morta troppo tardi che le ha, a sua volta, infelicitato la giovinezza e la maturità? un atavico complesso d'inferiorità o l'appartenenza alla cultura del Meridione oppresso le cui ragioni Angela vorrebbe far valere contro l'odiato Nord usurpatore? Oppure, più semplicemente, il fuoco interno che la divora è privo di qualsiasi ragione come il cuore nascosto di un vulcano? Antonio Franchini, con maestria e misura, eccesso e discrezione, ha scritto un romanzo-memoir popolato di personaggi che circondano una protagonista sempre al centro della scena. Un'eroina eccessiva e imprevedibile, capace di alternare toni drammatici e ossessivi a momenti decisamente comici. È un racconto che mescola la commedia eduardiana al furore ctonio, l'urgenza di uno sfogo viscerale alle cadenze studiate di una messa in scena, di una vera e propria recita.
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Il giudice e il bambino

11,00
Giunto in paradiso, Paolo Borsellino viene incaricato da Dio di risolvere casi particolari e delicati. Per un periodo, si occuperà di quelle anime che, per motivi diversi, hanno lasciato qualcosa di irrisolto sulla Terra. Un giorno, però, sulla scrivania del suo ufficio finisce il faldone di un caso inspiegabilmente rifiutato da tutti gli altri funzionari in cielo. Non appena Borsellino legge il contenuto della cartella, ha come un mancamento. Quell'anima, infatti, appartiene a un bambino. E quel bambino è Giuseppe Di Matteo, ucciso dalla mafia nel gennaio del 1996. Da qui ha inizio una storia delicata e toccante, dai toni favolistici, che ricostruisce le vicende del giudice e del ragazzino: un viaggio tra le nuvole pieno di emozioni e avventure alla ricerca della serenità necessaria per andare avanti e di una ragione che possa spiegare tanta violenza. In questo cammino a due, particolarmente coinvolgente sarà l'incontro tra il bambino e il suo cavallo che si ricongiungeranno nell'aldilà proprio grazie all'aiuto di Borsellino, e avranno modo così di salutarsi per l'ultima volta prima di dirsi addio e separarsi per sempre. Un incontro decisivo che darà la possibilità al piccolo di riconciliarsi con il mondo e ritrovare finalmente la pace perduta prima di congedarsi dall'amico giudice e prendere finalmente il proprio posto in cielo.
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Il giudice e il bambino

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Giunto in paradiso, Paolo Borsellino viene incaricato da Dio di risolvere casi particolari e delicati. Per un periodo, si occuperà di quelle anime che, per motivi diversi, hanno lasciato qualcosa di irrisolto sulla Terra. Un giorno, però, sulla scrivania del suo ufficio finisce il faldone di un caso inspiegabilmente rifiutato da tutti gli altri funzionari in cielo. Non appena Borsellino legge il contenuto della cartella, ha come un mancamento. Quell'anima, infatti, appartiene a un bambino. E quel bambino è Giuseppe Di Matteo, ucciso dalla mafia nel gennaio del 1996. Da qui ha inizio una storia delicata e toccante, dai toni favolistici, che ricostruisce le vicende del giudice e del ragazzino: un viaggio tra le nuvole pieno di emozioni e avventure alla ricerca della serenità necessaria per andare avanti e di una ragione che possa spiegare tanta violenza. In questo cammino a due, particolarmente coinvolgente sarà l'incontro tra il bambino e il suo cavallo che si ricongiungeranno nell'aldilà proprio grazie all'aiuto di Borsellino, e avranno modo così di salutarsi per l'ultima volta prima di dirsi addio e separarsi per sempre. Un incontro decisivo che darà la possibilità al piccolo di riconciliarsi con il mondo e ritrovare finalmente la pace perduta prima di congedarsi dall'amico giudice e prendere finalmente il proprio posto in cielo.
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Di cosa parliamo quando parliamo d’amore

11,50
Di cosa parliamo quando parliamo d'amore? Parliamo di un bicchiere di gin che si rovescia in una stanza dove discutono due coppie stanche. Parliamo di vecchi amici che forse per noia, forse per altro, commettono senza rendersene conto un delitto terribile. Parliamo di pasticceri a cui non hanno ritirato torte di compleanno. Parliamo di gesti che sembrano insignificanti, e invece sono in grado di restituire a ogni vita tutta la grazia nascosta dietro la banalità della cattiveria e della paura. I diciassette racconti che hanno reso Raymond Carver un autore di culto: l'espressione più limpida di una scrittura che con miracolosa semplicità arriva sempre al cuore delle cose. Prefazione di Diego De Silva.
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Di cosa parliamo quando parliamo d’amore

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Di cosa parliamo quando parliamo d'amore? Parliamo di un bicchiere di gin che si rovescia in una stanza dove discutono due coppie stanche. Parliamo di vecchi amici che forse per noia, forse per altro, commettono senza rendersene conto un delitto terribile. Parliamo di pasticceri a cui non hanno ritirato torte di compleanno. Parliamo di gesti che sembrano insignificanti, e invece sono in grado di restituire a ogni vita tutta la grazia nascosta dietro la banalità della cattiveria e della paura. I diciassette racconti che hanno reso Raymond Carver un autore di culto: l'espressione più limpida di una scrittura che con miracolosa semplicità arriva sempre al cuore delle cose. Prefazione di Diego De Silva.
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Tra il silenzio e il tuono

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Cara Giulia

15,00
Le parole di un padre che ha scelto di non restare in silenzio. Un appello potente alle famiglie, alle scuole e alle istituzioni. Il libro è parte di un progetto più ampio a sostegno delle vittime di violenza di genere. Dal giorno dei funerali della figlia Giulia, Gino Cecchettin ha scelto di condividere il proprio dolore cercando di affrontarlo e renderlo costruttivo perché possa essere di aiuto alle giovani e ai giovani del nostro Paese. In questo libro, attraverso la storia di Giulia, si interroga sulle radici profonde della cultura patriarcale della nostra società. «Tu in questi giorni sei diventata un simbolo pubblico», scrive Gino Cecchettin alla figlia Giulia e a quanti vorranno ascoltare le sue sofferte parole di impegno, di consapevolezza e di coraggio. «Sei la mia Giulia e sarai per sempre la mia Giulia. Ma non sei più solo questo. Tu dopo quanto è successo sei anche la Giulia di tutti, quella che sta parlando a tutti. E io sento forte il dovere di manifestare al mondo che persona eri e, soprattutto, di cercare attraverso questo di fare in modo che altre persone si pongano le mie stesse domande».
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Cara Giulia

15,00
Le parole di un padre che ha scelto di non restare in silenzio. Un appello potente alle famiglie, alle scuole e alle istituzioni. Il libro è parte di un progetto più ampio a sostegno delle vittime di violenza di genere. Dal giorno dei funerali della figlia Giulia, Gino Cecchettin ha scelto di condividere il proprio dolore cercando di affrontarlo e renderlo costruttivo perché possa essere di aiuto alle giovani e ai giovani del nostro Paese. In questo libro, attraverso la storia di Giulia, si interroga sulle radici profonde della cultura patriarcale della nostra società. «Tu in questi giorni sei diventata un simbolo pubblico», scrive Gino Cecchettin alla figlia Giulia e a quanti vorranno ascoltare le sue sofferte parole di impegno, di consapevolezza e di coraggio. «Sei la mia Giulia e sarai per sempre la mia Giulia. Ma non sei più solo questo. Tu dopo quanto è successo sei anche la Giulia di tutti, quella che sta parlando a tutti. E io sento forte il dovere di manifestare al mondo che persona eri e, soprattutto, di cercare attraverso questo di fare in modo che altre persone si pongano le mie stesse domande».
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leggere pericolosamente

20,00
Le cinque lettere che fra il 2019 e il 2020 Azar Nafisi ha indirizzato al padre, proseguendo un dialogo che la morte di lui non ha interrotto, sono la più persuasiva risposta a questo cruciale interrogativo. Mentre intorno a lei, anche negli Stati Uniti, la realtà si fa sempre più allarmante – dall’affermarsi di tendenze totalitarie alla pandemia di Covid-19 – e indignazione e angoscia paiono sopraffarla, Azar Nafisi torna a immergersi nei libri che più ha amato, e ci mostra, intrecciando racconto autobiografico e riflessione sulla letteratura, come Salman Rushdie e Zora Neale Hurston, David Grossman e Margaret Atwood, e altri ancora, l’abbiano accompagnata nei momenti più difficili, come veri e propri talismani. E le abbiano dischiuso, con la loro multivocalità, inattese prospettive: insegnandole per esempio a dubitare della soffocante dicotomia tra aggressore e vittima; a vedere nell’odio e nella rabbia, in apparenza capaci di conferire identità, una fuga dal dolore – a comprendere che le grandi opere letterarie sono davvero pericolose, giacché smascherano ogni impulso tirannico, fuori e dentro di noi. Sicché leggerle pericolosamente significa accogliere l’irrequietezza e il desiderio di conoscenza di cui ci fanno dono.
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leggere pericolosamente

20,00
Le cinque lettere che fra il 2019 e il 2020 Azar Nafisi ha indirizzato al padre, proseguendo un dialogo che la morte di lui non ha interrotto, sono la più persuasiva risposta a questo cruciale interrogativo. Mentre intorno a lei, anche negli Stati Uniti, la realtà si fa sempre più allarmante – dall’affermarsi di tendenze totalitarie alla pandemia di Covid-19 – e indignazione e angoscia paiono sopraffarla, Azar Nafisi torna a immergersi nei libri che più ha amato, e ci mostra, intrecciando racconto autobiografico e riflessione sulla letteratura, come Salman Rushdie e Zora Neale Hurston, David Grossman e Margaret Atwood, e altri ancora, l’abbiano accompagnata nei momenti più difficili, come veri e propri talismani. E le abbiano dischiuso, con la loro multivocalità, inattese prospettive: insegnandole per esempio a dubitare della soffocante dicotomia tra aggressore e vittima; a vedere nell’odio e nella rabbia, in apparenza capaci di conferire identità, una fuga dal dolore – a comprendere che le grandi opere letterarie sono davvero pericolose, giacché smascherano ogni impulso tirannico, fuori e dentro di noi. Sicché leggerle pericolosamente significa accogliere l’irrequietezza e il desiderio di conoscenza di cui ci fanno dono.
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I morti stanno bene

18,00
Luisa ama i cimiteri fin da quando era bambina, anche quando ancora non capiva esattamente che tipo di luoghi fossero. Crescendo ha affinato la sua capacità di osservare e ascoltare, al punto da comprendere cosa hanno da dirci i morti che, dalle foto poste sulle lapidi, sono ansiosi di raccontare la loro storia. Dietro a ogni lapide c’è una vita che ha ancora la necessità di dire, di urlare, di chiedere scusa, di essere perdonata e di perdonare. È girando per i cimiteri che osserva, ascolta e impara a vivere. Nel 1986 un fatto drammatico ribalta la vita di Luisa. Rabbia e rancore bussano alla porta del suo cuore ma, ancora una volta, il cimitero diventerà per lei un luogo sicuro dove trovare riparo. Saranno proprio i suoi morti a tenderle una mano e a fornirle i mezzi per trovare pace, per perdonare e perdonarsi.
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I morti stanno bene

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Luisa ama i cimiteri fin da quando era bambina, anche quando ancora non capiva esattamente che tipo di luoghi fossero. Crescendo ha affinato la sua capacità di osservare e ascoltare, al punto da comprendere cosa hanno da dirci i morti che, dalle foto poste sulle lapidi, sono ansiosi di raccontare la loro storia. Dietro a ogni lapide c’è una vita che ha ancora la necessità di dire, di urlare, di chiedere scusa, di essere perdonata e di perdonare. È girando per i cimiteri che osserva, ascolta e impara a vivere. Nel 1986 un fatto drammatico ribalta la vita di Luisa. Rabbia e rancore bussano alla porta del suo cuore ma, ancora una volta, il cimitero diventerà per lei un luogo sicuro dove trovare riparo. Saranno proprio i suoi morti a tenderle una mano e a fornirle i mezzi per trovare pace, per perdonare e perdonarsi.
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Ghost light. Insieme fuori dal buio

14,00
Mancano pochi giorni alla prima della rivisitazione della commedia ‘La locandiera’, a firma della scapestrata compagnia dell’Istituto ‘Goldoni’. Le vicende personali dei 10 ragazzi che preparano lo spettacolo, ciascuno con un proprio profondo nodo da sciogliere, si rivelano attraverso l’emozione, la preoccupazione e la condivisione favorite dalla première imminente. Una superstizione infatti vuole che nei teatri di Broadway resti sempre accesa, di notte, una sola lampadina mentre tutte le altre sono spente. Si chiama Ghost Light ed è una luce che manda via gli spiriti cattivi. Intorno a questa luce si accendono 10 storie di disagio e fragilità che hanno a che fare non solo con il debutto dello spettacolo, ma anche con vita. I temi affrontati dal romanzo riguardano il ritiro sociale, la bulimia, la dipendenza da cellulare, la depressione, l'ipocondria e altre fragilità che sempre di più coinvolgono i ragazzi di oggi. Età di lettura: da 11 anni.
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Ghost light. Insieme fuori dal buio

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Mancano pochi giorni alla prima della rivisitazione della commedia ‘La locandiera’, a firma della scapestrata compagnia dell’Istituto ‘Goldoni’. Le vicende personali dei 10 ragazzi che preparano lo spettacolo, ciascuno con un proprio profondo nodo da sciogliere, si rivelano attraverso l’emozione, la preoccupazione e la condivisione favorite dalla première imminente. Una superstizione infatti vuole che nei teatri di Broadway resti sempre accesa, di notte, una sola lampadina mentre tutte le altre sono spente. Si chiama Ghost Light ed è una luce che manda via gli spiriti cattivi. Intorno a questa luce si accendono 10 storie di disagio e fragilità che hanno a che fare non solo con il debutto dello spettacolo, ma anche con vita. I temi affrontati dal romanzo riguardano il ritiro sociale, la bulimia, la dipendenza da cellulare, la depressione, l'ipocondria e altre fragilità che sempre di più coinvolgono i ragazzi di oggi. Età di lettura: da 11 anni.
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Vinca il peggiore. La più bella partita di basket della mia vita

16,00
Londra, primavera 2015. Un italiano che fa l'allenatore di basket per hobby e per passione ha portato una squadra di adolescenti, tra cui suo figlio, alla finale del campionato allievi, dove giocheranno contro avversari più forti e più alti, in una parola imbattibili. Ma nell'attesa di scendere in campo il coach si ricorda di una partita vista in tv, al bancone di un bar di New -York, il primo aprile di trent'anni prima, in un momento confuso della propria vita e in una città imbiancata da una nevicata fuori stagione. Una partita passata alla storia: Georgetown-Villanova, finale della Ncaa, il campionato universitario americano. Una sfida tra un gruppo di atleti magnifici, campioni in carica, già destinati ai professionisti della Nba, e una compagine di improbabili sfidanti destinati alla sconfitta. Tutti sono sicuri che il risultato sia già scritto. Ma il coach di Villanova, Rollie Massimino, figlio di un ciabattino siciliano e filosofo dell'arte di arrangiarsi, ha un piano: sfruttare le debolezze dei propri giocatori per addormentare la gara, provando a dimostrare che qualche volta Davide può battere Golia. Riuscirà la missione impossibile della Cenerentola del parquet? Guardando la partita, quell'italiano appollaiato sullo sgabello del bar capirà il proprio destino? E la lezione del passato servirà a qualcosa, trent'anni più tardi? "Vinca il peggiore" e una dichiarazione d'amore alla pallacanestro, una sfida vissuta due volte, un sogno lungo quanto una notte di neve a New York.
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Vinca il peggiore. La più bella partita di basket della mia vita

16,00
Londra, primavera 2015. Un italiano che fa l'allenatore di basket per hobby e per passione ha portato una squadra di adolescenti, tra cui suo figlio, alla finale del campionato allievi, dove giocheranno contro avversari più forti e più alti, in una parola imbattibili. Ma nell'attesa di scendere in campo il coach si ricorda di una partita vista in tv, al bancone di un bar di New -York, il primo aprile di trent'anni prima, in un momento confuso della propria vita e in una città imbiancata da una nevicata fuori stagione. Una partita passata alla storia: Georgetown-Villanova, finale della Ncaa, il campionato universitario americano. Una sfida tra un gruppo di atleti magnifici, campioni in carica, già destinati ai professionisti della Nba, e una compagine di improbabili sfidanti destinati alla sconfitta. Tutti sono sicuri che il risultato sia già scritto. Ma il coach di Villanova, Rollie Massimino, figlio di un ciabattino siciliano e filosofo dell'arte di arrangiarsi, ha un piano: sfruttare le debolezze dei propri giocatori per addormentare la gara, provando a dimostrare che qualche volta Davide può battere Golia. Riuscirà la missione impossibile della Cenerentola del parquet? Guardando la partita, quell'italiano appollaiato sullo sgabello del bar capirà il proprio destino? E la lezione del passato servirà a qualcosa, trent'anni più tardi? "Vinca il peggiore" e una dichiarazione d'amore alla pallacanestro, una sfida vissuta due volte, un sogno lungo quanto una notte di neve a New York.
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Esaurito
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Sotto il glicine

12,90
Chiamarlo libro di fiabe forse è azzardato, è semplicemente una raccolta di esperienze e di conoscenze vissute in prima linea; la fiaba che ne scaturisce è il primo genuino e integrale strumento di conoscenza dell'anima. L'anima dei bambini parla sempre chiaro, netto, pulito, dice la verità, non conosce trabocchetti o sotterfugi e chi sa coltivarla, da grande acquisterà saggezza conservando l'innocenza del bambino che è stato.
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Sotto il glicine

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Chiamarlo libro di fiabe forse è azzardato, è semplicemente una raccolta di esperienze e di conoscenze vissute in prima linea; la fiaba che ne scaturisce è il primo genuino e integrale strumento di conoscenza dell'anima. L'anima dei bambini parla sempre chiaro, netto, pulito, dice la verità, non conosce trabocchetti o sotterfugi e chi sa coltivarla, da grande acquisterà saggezza conservando l'innocenza del bambino che è stato.
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Una donna nell’ombra

19,50
Un romanzo storico originale e ricco di emozione, la storia della figlia del grande criminologo Cesare Lombroso Che cosa significa essere la figlia di un padre come Cesare Lombroso, antropologo, psichiatra, criminologo di fama mondiale? Gina cresce a Torino nell’ambiente anticonformista della colta famiglia ebrea, e appena dodicenne comincia ad aiutare il padre nel suo lavoro di studioso e divulgatore. Dimostra capacità intellettuali non comuni, eppure i genitori tardano a riconoscerle, tanto sono abituati a considerarla solo una bambina buona che si occupa degli altri. Gina vorrebbe studiare medicina, ma finisce per iscriversi a lettere, perché lo studio della medicina è considerato disdicevole per una ragazza come lei. In questa scelta sta già tutto il suo dramma: da sempre abituata a subordinare i propri desideri a quelli degli altri, preferisce rinunciare alle proprie inclinazioni pur di non dispiacere le persone che ama. Alla fine, dopo la laurea in lettere, prenderà anche quella in medicina; ha doti di scrittrice e idee originali, eppure fatica a uscire dalle orme del padre, a far valere la propria volontà, a imporsi sul marito Guglielmo Ferrero, a seguire le proprie inclinazioni al di là del ruolo di sposa e madre. Seguendo le vicissitudini di Gina e di Guglielmo, celebre storico e letterato, il romanzo si snoda per più di settant’anni di storia da Torino a Firenze, dalle capitali europee all’America, fino a quando, per fuggire alle persecuzioni del regime fascista, la coppia sceglie l’esilio e si trasferisce a Ginevra, dove si prodiga a favore degli esuli che giungono dall’Italia. “Una donna nell’ombra” racconta una straordinaria vicenda umana, sentimentale, politica, professionale, narrata attraverso una sorta di «diario ritrovato» della protagonista. Proponendo uno stile ricco, a tratti quasi epico, di grande ampiezza e respiro, ma anche capace di narrare le piccole cose, le delusioni, le speranze, le apparenti luci e le virgole storte della vita, Silvia Di Natale inventa un nuovo modello di romanzo storico, restituendoci la vita di una donna intellettuale, eccezionale eppure così straordinariamente vicina a noi
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Una donna nell’ombra

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Un romanzo storico originale e ricco di emozione, la storia della figlia del grande criminologo Cesare Lombroso Che cosa significa essere la figlia di un padre come Cesare Lombroso, antropologo, psichiatra, criminologo di fama mondiale? Gina cresce a Torino nell’ambiente anticonformista della colta famiglia ebrea, e appena dodicenne comincia ad aiutare il padre nel suo lavoro di studioso e divulgatore. Dimostra capacità intellettuali non comuni, eppure i genitori tardano a riconoscerle, tanto sono abituati a considerarla solo una bambina buona che si occupa degli altri. Gina vorrebbe studiare medicina, ma finisce per iscriversi a lettere, perché lo studio della medicina è considerato disdicevole per una ragazza come lei. In questa scelta sta già tutto il suo dramma: da sempre abituata a subordinare i propri desideri a quelli degli altri, preferisce rinunciare alle proprie inclinazioni pur di non dispiacere le persone che ama. Alla fine, dopo la laurea in lettere, prenderà anche quella in medicina; ha doti di scrittrice e idee originali, eppure fatica a uscire dalle orme del padre, a far valere la propria volontà, a imporsi sul marito Guglielmo Ferrero, a seguire le proprie inclinazioni al di là del ruolo di sposa e madre. Seguendo le vicissitudini di Gina e di Guglielmo, celebre storico e letterato, il romanzo si snoda per più di settant’anni di storia da Torino a Firenze, dalle capitali europee all’America, fino a quando, per fuggire alle persecuzioni del regime fascista, la coppia sceglie l’esilio e si trasferisce a Ginevra, dove si prodiga a favore degli esuli che giungono dall’Italia. “Una donna nell’ombra” racconta una straordinaria vicenda umana, sentimentale, politica, professionale, narrata attraverso una sorta di «diario ritrovato» della protagonista. Proponendo uno stile ricco, a tratti quasi epico, di grande ampiezza e respiro, ma anche capace di narrare le piccole cose, le delusioni, le speranze, le apparenti luci e le virgole storte della vita, Silvia Di Natale inventa un nuovo modello di romanzo storico, restituendoci la vita di una donna intellettuale, eccezionale eppure così straordinariamente vicina a noi
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Cose che non ho buttato via

16,00
«Cosa ci farai con tutta questa roba?» Smontare una casa, la casa dei nostri genitori o, come nel caso dell'autore di questo libro, della propria madre, è un'esperienza dalla quale alcuni di noi sono passati. Spesso è la casa dove abbiamo vissuto noi stessi, e a ricordi si sommano ricordi, in un percorso a ritroso che può risvegliare sentimenti contrastanti. Siamo dunque di fronte a un libro triste? Esattamente il contrario. I ricordi possono essere affettuosamente addomesticati, e gli oggetti che popolano una casa, da potenziali bombe emotive, trasformarsi in eredità tanto più facili da accettare quanto più semplice è liberarsene. Ecco allora che stanza dopo stanza, grazie a oggetti improbabili, libri imbarazzanti, scoperte e sorprese, con grazia, ironia e a volte qualche sana perfidia, Marcin Wicha ci racconta come ha elaborato il proprio lutto e ci regala, insieme a battute e aneddoti esilaranti, il ritratto di una donna tanto ingombrante quanto, come spesso capita, indimenticabile.
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«Cosa ci farai con tutta questa roba?» Smontare una casa, la casa dei nostri genitori o, come nel caso dell'autore di questo libro, della propria madre, è un'esperienza dalla quale alcuni di noi sono passati. Spesso è la casa dove abbiamo vissuto noi stessi, e a ricordi si sommano ricordi, in un percorso a ritroso che può risvegliare sentimenti contrastanti. Siamo dunque di fronte a un libro triste? Esattamente il contrario. I ricordi possono essere affettuosamente addomesticati, e gli oggetti che popolano una casa, da potenziali bombe emotive, trasformarsi in eredità tanto più facili da accettare quanto più semplice è liberarsene. Ecco allora che stanza dopo stanza, grazie a oggetti improbabili, libri imbarazzanti, scoperte e sorprese, con grazia, ironia e a volte qualche sana perfidia, Marcin Wicha ci racconta come ha elaborato il proprio lutto e ci regala, insieme a battute e aneddoti esilaranti, il ritratto di una donna tanto ingombrante quanto, come spesso capita, indimenticabile.
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Alma

18,00
Tre giorni dura il ritorno a Trieste di Alma, che dalla città è fuggita per rifarsi una vita lontano, e ora è tornata per raccogliere l’imprevista eredità di suo padre. Un uomo senza radici che odiava il culto del passato e i suoi lasciti, un padre pieno di fascino ma sfuggente, che andava e veniva al di là del confine, senza che si potesse sapere che lavoro facesse là nell’isola, all’ombra del maresciallo Tito “occhi di vipera”. A Trieste Alma ritrova una mappa dimenticata della sua vita. Ritrova la bella casa nel viale dei platani, dove ha trascorso l’infanzia grazie ai nonni materni, custodi della tradizione mitteleuropea, dei caffè colti e mondani, distante anni luce dal disordine chiassoso di casa sua, “dove le persone entravano e se ne andavano, e pareva che i vestiti non fossero mai stati tolti dalle valigie”. Ritrova la casa sul Carso, dove si sono trasferiti all’improvviso e dove è arrivato Vili, figlio di due intellettuali di Belgrado amici di suo padre. Vili che da un giorno all’altro è entrato nella sua vita cancellando definitivamente l’Austriaungheria. Adesso è proprio dalle mani di Vili, che è stato “un fratello, un amico, un antagonista”, che Alma deve ricevere l’eredità del padre. Ma Vili è l’ultima persona che vorrebbe rivedere. I tre giorni culminanti con la Pasqua ortodossa diventano così lo spartiacque tra ciò che è stato e non potrà più tornare – l’infanzia, la libertà, la Jugoslavia del padre, l’aria seducente respirata all’ombra del confine – e quello che sarà.
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Alma

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Tre giorni dura il ritorno a Trieste di Alma, che dalla città è fuggita per rifarsi una vita lontano, e ora è tornata per raccogliere l’imprevista eredità di suo padre. Un uomo senza radici che odiava il culto del passato e i suoi lasciti, un padre pieno di fascino ma sfuggente, che andava e veniva al di là del confine, senza che si potesse sapere che lavoro facesse là nell’isola, all’ombra del maresciallo Tito “occhi di vipera”. A Trieste Alma ritrova una mappa dimenticata della sua vita. Ritrova la bella casa nel viale dei platani, dove ha trascorso l’infanzia grazie ai nonni materni, custodi della tradizione mitteleuropea, dei caffè colti e mondani, distante anni luce dal disordine chiassoso di casa sua, “dove le persone entravano e se ne andavano, e pareva che i vestiti non fossero mai stati tolti dalle valigie”. Ritrova la casa sul Carso, dove si sono trasferiti all’improvviso e dove è arrivato Vili, figlio di due intellettuali di Belgrado amici di suo padre. Vili che da un giorno all’altro è entrato nella sua vita cancellando definitivamente l’Austriaungheria. Adesso è proprio dalle mani di Vili, che è stato “un fratello, un amico, un antagonista”, che Alma deve ricevere l’eredità del padre. Ma Vili è l’ultima persona che vorrebbe rivedere. I tre giorni culminanti con la Pasqua ortodossa diventano così lo spartiacque tra ciò che è stato e non potrà più tornare – l’infanzia, la libertà, la Jugoslavia del padre, l’aria seducente respirata all’ombra del confine – e quello che sarà.
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L’albero del Ténéré

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Nostalgia

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Felice Lasco torna a Napoli, nel Rione Sanità, dopo quarantacinque anni trascorsi fra Medio Oriente e Africa. La madre sta morendo e lui la accudisce fino all'ultimo con tardiva ma amorosa pazienza. Poi, invece di tornare al Cairo dove lo aspetta l'amata compagna, Felice sembra obbedire al richiamo delle radici e di un destino, e resta. Resta perché in attesa dell'incontro fatale con Oreste, noto ormai come delinquente incallito. Felice racconta a un medico dell'ospedale San Gennaro dei Poveri e a don Luigi Rega, prete combattivo e maieuta, la sua storia. Un'opera nella quale Ermanno Rea intreccia la lucidità del reale e la sensibilità drammatica della tragedia sociale. Un omaggio alla Napoli malavitosa e ribelle del Rione Sanità, ai suoi eroi, alle sue vittime.
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Felice Lasco torna a Napoli, nel Rione Sanità, dopo quarantacinque anni trascorsi fra Medio Oriente e Africa. La madre sta morendo e lui la accudisce fino all'ultimo con tardiva ma amorosa pazienza. Poi, invece di tornare al Cairo dove lo aspetta l'amata compagna, Felice sembra obbedire al richiamo delle radici e di un destino, e resta. Resta perché in attesa dell'incontro fatale con Oreste, noto ormai come delinquente incallito. Felice racconta a un medico dell'ospedale San Gennaro dei Poveri e a don Luigi Rega, prete combattivo e maieuta, la sua storia. Un'opera nella quale Ermanno Rea intreccia la lucidità del reale e la sensibilità drammatica della tragedia sociale. Un omaggio alla Napoli malavitosa e ribelle del Rione Sanità, ai suoi eroi, alle sue vittime.
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