La voce di Sandro Greblo – CUAMM – ci racconta la sua vita a metà tra l’Etiopia di Wolisso e Milano.
Wolisso, South West Shoa, Oromia, Etiopia
24/3/2019
Chi è stato in Africa lo conosce: quel sentimento che si trova in una zona del petto, tra il cuore e lo stomaco, che resta lì in sospeso ogni volta che si parte da qui con la promessa di rivedersi e che si riaccende ad ogni ritorno, come fosse rimasto in sospeso, come un cd messo in pausa…questo è stata l’emozione “di pancia”, di un mal d’Africa che trova finalmente un palliativo al mio ritorno a Wolisso, nella terra degli Oromo.
La partenza
La partenza da Malpensa ha come sempre quel sapore dolciastro degli addii alle persone care, con un misto di fatalità e tristezza, aggravato da un incidente terribile: poche ore prima un volo della stessa compagnia su cui volo (l’ottima Ethiopian Airlines) è precipitato sulla tratta Addis-Nairobi portandosi via le vite di 157 passeggeri a bordo, tra cui otto italiani. Il volo è sempre lo stesso della domenica sera che passando da Roma raccoglie turisti, cooperanti, missionari, uomini d’affari. Come sempre non riesco a chiudere occhio su questi giganti dell’aria e cerco conforto e distrazione nella programmazione cinematografica. Proprio mentre il sonno sta per arrivare, le prime luci dell’alba compaiono dal finestrino e poco dopo tocco di nuovo terra sulla pista del Bole International Airport (sedici anni dopo il mio primo atterraggio qui!).
L’arrivo
Al parcheggio, mi viene incontro Teshome, autista con cui ho condiviso già due anni fa alcune avventure durante le visite di supervisione sul terreno (ricordo un “impantanamento” con il fuoristrada che ha richiesto parecchia pazienza e ingegno): mi abbraccia come se ci fossimo salutati il mese scorso. Invece di mesi ne sono passati circa diciotto da quando ho concluso il mio anno di lavoro a Wolisso per il CUAMM come responsabile dei progetti di salute pubblica.
Fuori dall’aeroporto, ad Addis la vita è sempre frenetica sin dalle prime ore del mattino; i grattacieli, i negozi e i caffè aumentano sempre così come i progetti del CUAMM in Etiopia, che da poco ha una nuova sede più grande per fare spazio a tutte le esigenze e a tutti i collaboratori italiani ed etiopi. Saluto i colleghi etiopi qui e Chiara, la rappresentante delle attività per l’Etiopia, e poco dopo ci rimettiamo subito in viaggio per Wolisso, in quanto solo per uscire dalla capitale ci vorrà la solita oretta. Dopo l’incrocio con la ferrovia (costruita dai cinesi per collegare Addis a Gibuti), il traffico comincia per fortuna e diradarsi fino a quando possiamo accelerare l’andatura e incontrare la campagna con i suoi ritmi e i suoi colori.
Ne approfitto per recuperare un’oretta di sonno e quando mi sveglio riconosco ancora i capannoni di alcune fabbriche (come quello abbondanato dove si trovava una serra di rose), i centri di salute situati vicino alla strada fino a alla svolta a destra che porta in città, l’antica Giyon!
Il lunedì mattina a Wolisso
La prima impressione è che i cantieri aperti siano ancora più di due anni fa, l’università si è ulteriormente ingrandita e il nuovo ospedale governativo sta per essere completato; il fermento di questo lunedì mattina è vivace, con il solito mix di studenti, contadini, carretti, taxi tuk tuk, camion, pulmini, auto, bovini, cavalli per la strada…comincia l’ultimo slalom prima di arrivare finalmente a destinazione, l’ospedale zonale St Luke di Wolisso che oltre a dare lavoro a quasi quattrocento persone, ora conta ben duecento posti letto e serve una popolazione di riferimento di oltre un milione di persone, con una media di circa quindicimila ammissioni l’anno e oltre 4300 parti.
Mollo i bagagli, saluto le guardie, gli autisti, gli infermieri che incontro così come gli altri componenti dello staff internazionale…tutti mi accolgono calorosamente e immediatamente la memoria torna a due anni fa, quando sotto lo stesso sole, e sicuramente con una trepidazione maggiore dovuta alla novità del posto, arrivai qui per la prima volta.
Nei giorni successivi mi adeguo progressivamente al clima, l’altitudine, i colori, la polvere, i rumori (così diversi da quelli milanesi), gli sguardi dei pazienti e della gente che gravita attorno all’ospedale, i ritmi di lavoro e delle giornate…non è cambiato molto, sebbene lo schock della componente demografica costituita da giovani e giovanissimi è sempre forte.
Alessandro Greblo (Capo Progetto Salute Pubblica, Wolisso)